sabato 30 giugno 2007

L' ora


Stava viaggiando in treno.
Finalmente.
Rispensava a quanto fosse stato snervante attenderne uno in ritardo di un' ora, che lo riportasse a casa.
Era da poco salito e, di certo, doveva rimanere su quel treno per un po'.
Tre ore, forse anche di più.
Si era sorpreso certo, che la voce in stazione non avesse annunciato il ritardo, eppure aveva controllato sul tabellone delle partenze che il suo treno partisse proprio a quell' ora.
Ma, forse, doveva di certo non averla sentita, con tutto il baccano che si sente in stazione.
Ormai era salito, questo era vero, ma con un' ora di ritardo, non annunciata e non spiegata: e questo lo assillava.
Aveva altre cose più importanti a cui pensare.
Ma in quel momento no.
In quel momento pensava solo al fatto che quel treno gli era costato un' ora in più.
Volatili, come un filo d' erba nella tempesta, gli erano balzate all' orecchio le probabili vere ragioni di quel ritardo.
Un uomo, dicevano quelle voci, le classiche voci, che con falsa distrazione ascoltiamo in treno, si era gettato sotto.
E qui ci si poteva stare. Non gli dispiaceva nemmeno. Questo.
Gli dispiaceva semmai un' altra cosa.
Che a causa di un povero idiota lui doveva stare in viaggio un' ora in più.
Ciò che invece, di momento in momento, si faceva insistente, ed era insopportabile allo stesso tempo, era la dritta secondo la quale si diceva che il tipo non era morto.
Ma che, addirittura, fosse rimasto illeso.
Illeso, come si fa, come si fa a cadere sotto al treno e rimanere illesi.
Un miracolo. Un miracolo.
Eppure pareva fosse accaduto.
Grazie soprattutto al fatto che (caso alquanto insolito) si fosse buttato sotto al treno quando questo era fermo in stazione.
Ma allora perché si era buttato?
Alzava di tanto in tanto il capo, indifferente, per carpire quali fossero le voci più credibili a levarsi in quel momento.
E cercava di assemblarle, di ricomporle, di trovarci una logica.
Uno più uno fa due, due più due quattro e così via.
Tutto quel che ascoltava aveva una logica: non razionale, ma pur sempre una logica.
Si diceva ora, che il tipo non si era gettato, ma l' avevano spinto, forse degli amici scalmanati, e che, successivamente, l' avevano ripreso.
Tuttavia il treno aveva dovuto rimanere fermo per accertamenti, perdendo quella dannatissima e importantissima ora.
- Ci può stare. Pensò. Non è comune ma ci può stare, basta farcelo stare.
Ma solo per poco. Sentì dire che gli accertamenti non erano mai stati fatti perché non c' era niente di grave di cui accertarsi.
Accertamenti. Cosa c' era da accertarsi in fondo.
Minuto dopo minuto, versione dopo versione, assemblaggio dopo assemblaggio, era sempre più confuso su quelle che fossero state le vere cause del ritardo.
Attanagliato dalla rabbia e dal dubbio, decise di chiedere al controllore.
- Nessun ritardo. Rispose il funzionario.
Basito il nostro sbottò: - Ma che sta dicendo, questo treno doveva partire alle sei ed è partito alle sette!
- L' ora legale signore...ehm.. l' hanno rimessa questa notte.
Questo è quello che accede a farsi troppi pensieri in testa, pensava.
Troppe voci, troppe paranoie.
- Mi scusi, sono uno sbadato. Il suo viso assomigliava a quello di un ebete.
- Non si preoccupi, succede.
Cosa diavolo avvese sentito con i suoi orecchi e con il suo cervello non lo si saprà mai.
Accade che una cosa pensata la si vuol sempre veder realizzata e una cosa che si pensa sia accaduta, sembri accaduta davvero.
La vergogna lo fermò dal chiedere ad ogni passeggero cosa avessero significato le parole pronunciate.
Probabilmete ogni passeggero, aveva in testa momenti di tranquillità, ed altri pensieri.


storia e video di Michele Baldini
illustrazione di Andrea Sgherri
foto di Martina Agostini

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